Località fortificate

della

Provincia di Vercelli

(F)

 
 

I testi qui raccolti sono tratti dai volumi: Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po. Atlante aerofotografico dell'architettura fortificata sopravvissuta e dei siti abbandonati. La presente edizione è liberamente scaricabile per uso privato, ogni altra utilizzazione a carattere pubblico, dell'intero testo o di parti di esso, comprese le illustrazioni, deve essere preventivamente autorizzata.

archeovercelli.it

 
 

Comune di Crova

Crova [94]

Tipo: non determinabile.

Localizzazione: Comune di Crova, nel centro abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1398 (Mandelli 1858, III, p. 144).

Crova è compresa nell'elenco delle pievi della diocesi vercellese del secolo X (Panero 1985, p. 16), è quindi una località molto antica. Una salvaguardia, concessa nel 1142 da papa Innocenzo II all'abate di S. Stefano Aldone, attesta che la metà della villa di Crova apparteneva all'antica abbazia di Vercelli. Feudatari del luogo furono anche i Bulgaro e i Dal Pozzo; nel 1218 ebbe giurisdizione su Crova l'abbazia di S. Andrea, ma, ancora nel 1398, una metà del castello era di pertinenza dell'abbazia di S. Stefano (Ferraris 1992, p. 96). Successivamente il luogo passò al Comune di Vercelli e nel 1379 entrò a far parte dei territori dei Savoia. Crova venne infeudata nel 1565 a Federico Ferrero, i cui discendenti la cedettero nel 1609 agli Spatis. Anche se è molto probabile che una piccola fortificazione di tipo rurale esistesse fin dal XII o XIII secolo, sebbene non attestata dai documenti, attualmente nulla rimane nel luogo che ricordi tale possibile presenza, fatta eccezione per una casa, che conserva la denominazione di "castello" e nessun altro segno di essere stata adibita a tale uso.

Viancino [95]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Crova, frazione Viancino.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: fine secolo XIII (Ordano 1985, p. 275).

La località di Viancino di Crova è nominata per la prima volta nel 1299 (Panero 1985, p. 23) e fu posseduta da numerose nobili famiglie vercellesi, tra cui gli Avogadro, che tennero il feudo e il suo castello fino alla data di sottomissione ai Savoia, nel 1404. I primi documenti che attestano l'esistenza di un castello a Viancino risalgono alla fine del 1200 e agli inizi del 1300 e si riferiscono alle lunghe lotte tra guelfi e ghibellini, nelle quali furono coinvolti i signori di Viancino contro il potente Comune di Vercelli. Gli ultimi proprietari furono i marchesi Cusani di S. Germano. Attualmente del castello medievale non resta nulla, se non avanzi di mura scarpate sui quali è stata edificata una casa di campagna che conserva la denominazione "castello" (Ordano 1966; Ordano1985, p. 276).

Comune di Olcenengo

Olcenengo [96]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Olcenengo, ai margini dell'abitato.

Superficie: 2500 mq. , ipotizzabile sulla base del lato superstite.

Attestazione: 1299 (Panero 1985, p. 27).

Si parla di Olcenengo come località nel 964 (Panero 1985, p. 18; Ordano 1985, p. 184), quando il vescovo Ingone, nel sinodo appunto di quell'anno, ristabilì l'antica usanza di battezzare i bambini davanti all'altare di Sant'Eusebio in Vercelli, essendo cessate le incursioni degli Ungari. Solo alla fine del secolo XIII si hanno notizie del castello (Panero 1985, p. 27). Olcenengo fece parte del feudo di Quinto e il castello dovette essere edificato da membri della famiglia Avogadro di Quinto, che avevano fissato la loro residenza nel luogo creando il ramo degli Avogadro di Olcenengo, citato per la prima volta nel 1352 (Avonto 1980, p. 71). Nel 1404, quando il capoluogo era ancora visconteo, Olcenengo passò sotto la sudditanza dei Savoia, seguendo le sorti degli Avogadro (Ordano 1985, p. 185). Ancora nel 1515 un Avogadro aveva abitazione in castro Olcenengi, di cui possedeva una porzione (Avonto 1980, p. 71). Estinti gli Avogadro di Olcenengo, nel 1596 il duca Emanuele I investì del feudo il vercellese Eusebio Arona (Ordano 1985, p. 185). Dell'originario recinto quadrilatero si possono ancora vedere una torre quadrata, che venne ribassata in epoca recente, e tracce di merli bifidi murati. Alcuni documenti del XV secolo parlano di una chiesetta dedicata a S. Giovanni Battista che sorgeva all'interno del castello, della quale non è rimasta traccia, come pure delle mura di cinta, quasi certamente contornate da fossato. Quello che resta del castello, che ebbe probabilmente soprattutto funzioni di difesa rurale (Conti 1977, p. 171), è ora adibito a casa colonica in discreto stato di conservazione.

Comune di Quinto

Quinto [97]

Tipo: castello

Localizzazione: Comune di Quinto Vercellese, ai margini dell'abitato.

Superficie: 4500 mq.

Attestazione: 1170 (Panero 1985, p. 27).

Il luogo, nominato per la prima volta nel 964 (Panero 1985, p. 20), ha quasi sicuramente origine romana, dimostrata dal toponimo che indicava le pietre miliari poste lungo le antiche strade romane a stabilire le miglia percorse (ad quintum lapidem, ovvero a cinque miglia di distanza da Vercelli). In un diploma imperiale del 1152 è attestata l'appartenenza del luogo al conte Guido di Biandrate . Il castello, invece, compare nelle citazioni documentarie solo nel 1170, quando i conti di Biandrate cedettero ogni diritto su di esso e sui loro possedimenti nel territorio di Quinto alla famiglia vercellese degli Avogadro. Questi ultimi ebbero la signoria del luogo ininterrottamente fino al XVIII secolo ed il castello fu di loro proprietà fino al 1922, quando la famiglia si estinse con la morte del conte Casimiro (Cenisio 1957, p. 83; Avonto 1980, p. 65). Le vicende che coinvolsero la comunità ed il castello di Quinto si spiegano in stretta connessione con gli avvenimenti politici e militari che interessarono il vicino Comune di Vercelli. Prima del 1335, anno della sottomissione di Vercelli e del suo distretto ad Azzone Visconti, Quinto fu al centro delle discordie civili tra guelfi e ghibellini per la sua delicata posizione strategica, vicinissima a Vercelli ed all'incrocio delle importanti strade che conducevano al Biellese ed alla Valsesia. Dopo un ventennio di calma politica sotto la dominazione dei Visconti, il castello e la comunità di Quinto furono nuovamente al centro di un lungo conflitto, scatenato dalle truppe della lega anti viscontea guidata dal marchese del Monferrato, a partire dal 1355. Per lunghi anni fino al 1427, tutto il Vercellese fu teatro di una aspra guerra fra i Visconti, i Savoia e i marchesi del Monferrato. I possedimenti degli Avogadro subirono gravi devastazioni e, sotto la minaccia di perdere i propri beni, la famiglia fece atto di dedizione al duca di Savoia Amedeo VIII nel 1404, per riceverne protezione. Solo dopo la pace del 1427, grazie ad un lungo periodo di tranquillità, durato fino all'inizio del XVI secolo, il castello di Quinto potè essere ricostruito dopo le gravi devastazioni subìte in un secolo di guerre. Dell'originaria struttura del castello, risalente al XII secolo, non resta piú nulla a causa dei ripetuti rifacimenti attuati nei secoli successivi (Avonto 1980, p. 67). L'unico edificio risalente al XII secolo sarebbe la cappella castrense di S. Pietro, ricordata in un documento del 1219, situata entro le moenia vetera, le mura originarie del castello; prima del loro restringimento, infatti, esse dovevano contenere anche la chiesa di S. Nazario e parte dell'abitato (Ordano 1966; Ordano 1985, p. 196). Al secolo XIII risale, invece, la torre quadrangolare posta sul lato nord e sopraelevata nella seconda metà del XV secolo. I massicci rifacimenti eseguiti nel XV secolo sono visibili nelle torri angolari cilindriche con merlature ghibelline e nella sopraelevazione della cappella. Delle quattro torri attestate dai documenti ne sopravvivono tre, in quanto quella dell'angolo sud ovest è stata abbattuta. Le due torri poste sul lato orientale sono invece tuttora in buono stato di conservazione, mentre la terza è stata cimata lungo la linea dei merli (Conti 1977, p. 88). Attualmente il castello conserva una pianta rettangolare e si estende su un'area di 4500 mq. (Ordano 1985, p. 196). Vi si accede attraverso due porte carraie, ancora merlate, di cui la piú interna era anticamente dotata di ponte levatoio. Oggi il castello è una grande azienda agricola, ma l'interesse del sito, sia dal punto di vista architettonico che archeologico, permane notevole.

Comune di Collobiano

Collobiano [98]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Collobiano, nel centro abitato.

Superficie: 6000 mq.

Attestazione: 1170 (Panero 1985, p. 27).

La prima attestazione del luogo di Colobianum è contenuta in un atto di donazione del 1023 (Avonto 1980, p. 165 ). Un diploma dell'imperatore Federico I del 1152 conferma il possesso della località a Guido di Biandrate. Il castello compare per la prima volta nell'atto del marzo 1170, con il quale i potenti conti di Biandrate, la cui fortuna politica e materiale è in declino, cedono i loro possessi, tra cui appunto Collobiano, alla famiglia vercellese degli Avogadro. Questi ultimi tennero in feudo Collobiano fino al XVIII secolo. L'acquisto di Collobiano e di altri luoghi, come Casanova e Quinto, da parte degli Avogadro si spiega con la politica di espansione del Comune di Vercelli, nella seconda metà del XII secolo (Avonto 1980, p. 165; Panero 1985, p. 27). Il castello, situato in notevole posizione strategica a poca distanza da Vercelli lungo la strada per il Biellese, divenne roccaforte guelfa nel corso delle lunghe guerre fra le opposte fazioni politiche. Nel corso del secolo XII gli Avogadro di Collobiano divennero con il loro rappresentante piú famoso, Simone, i capi della fazione guelfa (Cenisio 1957, p. 85). Dopo la sconfitta dei guelfi nel 1321, il castello, divenuto rifugio degli ultimi esuli da Vercelli, subì danni e devastazioni. Nel 1325 i Visconti estesero la loro signorìa sul Vercellese e sotto la loro dominazione Collobiano attraversò un periodo di pace. Nella seconda metà del XIV secolo le lunghe guerre tra i signori di Mlilano e la lega anti viscontea, guidata dal marchese del Monferrato, coinvolsero nuovamente il Vercellese ed è quasi sicuramente in questi anni che il castello di Collobiano subì le maggiori devastazioni, in quanto presidio delle milizie viscontee. Nel 1404 tutti i rami della famiglia degli Avogadro, minacciati nei loro possedimenti, fecero atto di dedizione ad Amedeo VIII di Savoia. Solo dopo il 1427, anno della cessione del Vercellese ai Savoia da parte di Filippo Maria Visconti, si ebbe un periodo di pace, durato fino all'inizio del XVI secolo, che consentì la ricostruzione di Collobiano da parte dei suoi signori (Avonto 1980, p. 166 sgg.).Attualmente il castello presenta i segni dei rifacimenti avvenuti in epoche diverse. Si possono distinguere due strutture, una trecentesca e una posteriore sopraelevazione avvenuta nel XV secolo. (Ordano 1966; Conti 1977, p. 75; Ordano 1985, p. 109). La parte piú antica ha la forma di castello-recinto con le torri d'angolo, tutte differenti e costruite posteriormente, e con la merlatura ghibellina a coda di rondine, che è ancora in gran parte visibile. Le aggiunte successive riguardano un secondo recinto e un generale rafforzamento, particolarmente della torre d'ingresso e del fossato. Sono tuttora ben conservate le torri: quella d'ingresso, aperta verso l'interno, che mostra ancora i beccatelli delle caditoie e le porte carraia e pusterla con le nicchie per i bolzoni, le due torri angolari e una rara torre ottagonale (Ordano 1985, p. 109). Il castello è oggi adibito in parte ad azienda agricola, in parte ad abitazioni private. Anche se lo stato di conservazione generale appare buono, il complesso, di notevole interesse architettonico e archeologico, meriterebbe maggiori attenzioni, onde evitare che possa in futuro essere progressivamente snaturato da interventi non attentamente preordinati sulle strutture e sui patricolari architettonici.

Comune di Casanova Elvo

Casanova Elvo [99]

Tipo: castelli.

Localizzazione: Comune di Casanova Elvo, nel centro abitato.

Superficie: 2000 mq. il piú recente, 400 mq. la parte residuale del piú antico.

Attestazione: 1170 (Panero 1985, p. 27).

Le prime notizie riguardanti la località di Casanova Elvo, agglomerato rurale di epoca medievale, risalgono al X secolo secondo quanto testimonia un diploma imperiale del 962 (Avonto 1980, p. 155; Panero 1985, p. 14). Intorno alla metà del XII secolo il luogo ed il castello risultano di proprietà dei conti di Biandrate, che lo cedettero nel 1170 agli Avogadro, insieme ai possedimenti di Collobiano e di Quinto. Questi lo tennero in feudo fino al XVIII secolo (Ordano 1985, p. 101). In epoca medievale anche il castello di Casanova seguì le vicende politiche della famiglia proprietaria, rappresentante del partito guelfo. Il borgo di Casanova fu devastato nel 1283, a conseguenza delle lunghe lotte fra le opposte fazioni politiche. Nel 1335, impadronitisi di Vercelli, i ghibellini sottomettevano la città ed il suo distretto ad Azzone Visconti, signore di Milano. In quell'anno, dunque, anche Casanova passò al dominio visconteo. A partire dal 1355, l'anno in cui il marchese del Monferrato capeggiò una lega anti viscontea per fronteggiare l'espansionismo dei signori di Milano, la località di Casanova fu ripetutamente devastata dagli scontri, che si protrassero fino al 1427 (Avonto 1980, p. 157). Dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti (1402), di cui gli Avogadro di Casanova erano sudditi, la località fu devastata dalle milizie di Facino Cane e, al fine di tutelare i propri possedimenti, gli Avogadro di Casanova, in accordo con gli altri rami della famiglia, fecero, nel 1404, atto di dedizione ad Amedeo VIII di Savoia, ricevendone una nuova investitura di tutti i loro beni . Nel 1406 il paese fu abbandonato dagli abitanti e il castello assediato ed espugnato dalle milizie di Galeotto del Carretto. Da quel momento la fortificazione fu presidiata da milizie sabaude per tutto il corso della guerra che oppose Amedeo VIII di Savoia a Filippo Maria Visconti. Nel 1427 Casanova, con altre località del Vercellese, passò al dominio diretto e definitivo dei Savoia ed ebbe inizio un periodo di pace che consentì ai suoi proprietari l'opera di ricostruzione del castello, gravemente danneggiato dalle lunghe guerre combattute fra i secoli XIV e XV (Avonto 1980, p. 158). Il castello di Casanova sarebbe di tipo rurale, "eretto piú per controllare un punto strategico, per conservare al sicuro i prodotti del raccolto e le greggi" (Conti 1977, p. 146). Le rimanenze dell'originario castello del XII secolo, o comunque di un precedente complesso fortificato, si possono scorgere in un edificio situato a pochi metri dall'attuale castello (Avonto 1980, p. 159), secondo la testimonianza del Dionisotti che riferiva della presenza di tre castelli in Casanova: l'attuale, il rudere prossimo a questo, e il castellone , toponimo che designava un cascinale nel territorio di Casanova (Avonto 1980, p. 160). L'attuale castello, databile nelle sue parti piú antiche al XIII secolo e ampiamente rimaneggiato nel XV secolo, è a pianta quadrangolare con un vasto cortile all'interno; il sovrapporsi di diversi tipi di muratura e la sopraelevazione della linea dei merli piú antica testimoniano i successivi rifacimenti (Ordano 1966; Ordano 1985, p. 104). Tale complesso, con l'interessante torre d'ingresso quattrocentesca, sarebbe, secondo il Dionisotti, il piú recente dei tre castelli di Casanova, edificato da Ardicino di Casanova (Ordano 1985, p. 104).

Comune di Formigliana

Formigliana [100]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Formigliana, nel centro abitato, a sud della chiesa parrocchiale.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1751.

Le origini di Formigliana sono quasi certamente romane ed il toponimo deriverebbe dall'appartenenza del luogo ad un Firmius o Firminius (Casalis 1840, p. 757; Bruzza 1874, p. XCI). I ritrovamenti avvenuti nel secolo scorso presso la cascina Lista, a nord ovest di Formigliana, confermerebbero la presenza di un abitato antico di una certa importanza (Viale 1971, p. 52). La prima fonte documentaria nella quale viene nominata la località è dell'anno 882 (Panero 1985, p. 16), e precisamente un diploma imperiale di Carlo il Grosso, dove Firminiana corte iuris nostri fa parte di alcune donazioni che l'imperatore fece alla Chiesa vercellese (Casalis 1840, p. 757); il documento è, però, da alcuni studiosi ritenuto una falsificazione (Ordano 1966). Passata dalla giurisdizione imperiale a quella del vescovo di Vercelli, Formigliana divenne successivamente feudo degli Avogadro, che ne rimasero proprietari fino alla fine del XVIII secolo (Ordano 1966). La località non ebbe particolare rilievo negli avvenimenti militari e, se vi fu eretta una fortificazione, essa non dovette avere molta importanza. La presenza di un castello in paese è documentata molto tardi, nel XVIII secolo, ed è stato possibile stabilirne l'ubicazione grazie ad un disegno inedito conservato presso l'Archivio di Stato di Vercelli. Nel documento, datato 1751, compare una costruzione denominata "castello", situata presso la chiesa, su di un rialzo prospicente le ghiaie del vecchio corso del Cervo. Doveva quindi essere questa l'area dove sorgeva una fortificazione, che nel 1700 appare già essere da tempo trasformata e dell'uso originario conserva, se non l'aspetto, almeno il toponimo. Attraverso l'analisi della foto aerea e dei riferimenti topografici, si è localizzato il sito in una zona posta immediatamente a sud della chiesa; attualmente sul terreno non è piú riconoscibile il fabbricato, ancora in piedi nel secolo XVIII. Il luogo riveste un interesse esclusivamente di tipo archeologico.

Comune di Carisio

Carisio [101]

Tipo: castello e ricetto.

Localizzazione: Comune di Carisio, ai margini dell'abitato.

Superficie: non determinabile (complessivamente 7.000 mq sulla base di una valutazione ipotetica).

Attestazione: XIV secolo, ma certo piú antica (Ordano 1966).

Il toponimo, sicuramente attestato almeno dal 1134 (Panero 1985, p. 14), deriverebbe dalla gente Carisia, proprietaria del fondo in epoca romana. Carisio fu feudo degli Avogadro dal 1126 alla metà del XV secolo (Conti 1977, p. 142), anteriormente vi possedevano terreni i canonici di Vercelli e il monastero della Bessa (Ordano 1985, p. 94). La porta, visibile oggi insieme ad una parte di cortina, è quanto rimane della ricostruzione del castello dopo l'occupazione e la distruzione ad opera delle milizie viscontee di Facino Cane, tra il 1399 e il 1402. Anche Carisio e il suo castello, come tutti i possedimenti degli Avogadro, furono strategicamente importanti nell'ambito delle guerre che, tra il XII e il XIV secolo, opposero guelfi e ghibellini (Ordano 1985, p. 94). Del castello, restituito da Facino Cane ad Amedeo VIII di Savoia nel 1402 e reso agli Avogadro con una nuova infeudazione, rimane la "porta d'ingresso che mostra ancora le aperture della porta carraia e della porta pusterla, un tempo servite da ponti levatoi. A fianco, in direzione nord ovest, si sviluppa ancora una parte delle poderose cortine, che costituirono la cinta esterna del castello" (Ordano 1985, p. 98). La presenza di un palacium, attestata da un documento del 1200 (Gullino 1980, p. 92), anche se non è direttamente connettibile alle strutture di un castello, certamente costituisce un indizio della sua possibile presenza e una prova dell'importanza del luogo. Un ricetto è infine attestato in una investitura del 1533 (Viglino Davico 1979, pp. 63-64) e si identifica &laqno;in due fasce di cellule parallele affacciate su di un asse viario centrale», esternamente delimitate da una cortina muraria del XV secolo, munita di due torri, una delle quali è la torre porta con ingresso carraio e pedonale e ponti levatoi. Il complesso fortificato di Carisio, fra i piú interessanti del Vercellese, non è stato adeguatamente studiato e valorizzato. Il castello, situato sull'altura, non ha lasciato se non qualche tratto di muro in ciottoloni e la zona si presenta quindi come area di interesse archeologico. La parte bassa con le cortine esterne e i resti del ricetto, sicuramente affiancatosi alla rocca in epoca tarda, conserva parecchi elementi di interesse architettonico oltre alla torre-porta. L'insieme meriterebbe molta piú attenzione e qualche intervento di restauro.


Nebbione [102]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Carisio, frazione Nebbione, a sud ovest del nucleo abitato principale.

Superficie: 3200 mq.

Attestazione: non attestato.

La località di Nebbione compare per la prima volta in fonti documentarie del XII secolo, quando il luogo è sotto la giurisdizione del vescovo di Vercelli. Successivamente, nel XIII secolo, il territorio entra nell'orbita del Comune di Vercelli (Ordano 1985, p. 183). Nebbione condivise la sua storia con quella della vicina Carisio, della quale seguì le vicende politiche, facendo parte prima del comitato di Santhià, e divenendo poi, nel XIV secolo, feudo degli Avogadro, famiglia vercellese di fede guelfa, durante il periodo di scontri con l'opposta fazione ghibellina (Ordano 1966). Nel 1404 Amedeo VIII ricevette la dedizione ai Savoia degli Avogadro, che ne ottennero la giurisdizione sul castello; la restante parte del luogo era gestita da possessori di beni allodiali, cioè liberi da vincoli feudali, che si costituirono in libero comune (Nigra 1876, p. 232). Pochi anni dopo il luogo fu aggregato alla giurisdizione di Vercelli e piú tardi entrò a far parte del capitanato di Santhià. Nel 1568 Nebbione fu ceduta alla famiglia dei Caresana, per poi ritornare agli Avogadro del ramo di Collobiano, ai quali tuttora appartiene il castello. La costruzione, situata su di un'altura, è costituita da due corpi di fabbrica nettamente distinti tra loro, sia come posizione (un ampio cortile li separa), sia come epoca di edificazione. L'edificio che occupa la parte est del complesso è una residenza signorile di campagna databile al XVII-XVIII secolo (Ordano 1985, p. 183; Conti 1977, p. 143) e quindi di nessuna attinenza con un luogo di difesa; la parte occidentale, invece, sebbene le trasformazioni subìte nel tempo ne abbiano stravolto l'aspetto, rivela con la torre d'ingresso munita di opere per il ponte levatoio, i segni del fossato e le mura scarpate, la sua chiara origine difensiva (Ordano 1966). Non è perciò da escludere, anzi è molto probabile, che la sua edificazione, almeno in alcune parti, risalga al XII-XIII secolo, quando Nebbione era feudo degli Avogadro, che quindi in tale luogo potevano avere una casaforte o un castello, utilizzato durante le accese lotte politiche tra guelfi e ghibellini. Il complesso, attualmente di proprietà della marchesa Clara Incisa della Rocchetta Reda, è stato recentemente riconosciuto bene di interesse nazionale.

S. Damiano [103]

Tipo: castello e rocca.

Localizzazione: Comune di Carisio, frazione San Damiano, all'interno del piccolo nucleo abitato.

Superficie: 3500 mq ipotizzabili per il castello, 1500 mq la rocca.

Attestazione: XIV secolo (Conti 1977, p. 143).

Le prime notizie sul territorio di San Damiano, posto a nord ovest di Carisio, risalgono al primo decennio del 1200, allorché è oggetto di un passaggio di proprietà dai conti di Cavaglià a tali fratelli Gabardino, cittadini di Vercelli (Ordano 1966). Pochi anni dopo, nel 1214, costoro lo cedettero a Guglielmo, abate della ricca abbazia benedettina di Fruttuaria a San Benigno Canavese, che costruì a poca distanza un monastero, quasi sicuramente sede di un priorato. La chiesa fino a pochi anni fa si riconosceva ancora nelle strutture a lisca di pesce della cascina Bassea, oggi demolita (Ordano 1985, p. 242). Successivamente il luogo divenne, verso la fine del Trecento o agli inizi del Quattrocento, di proprietà dei Tizzoni che lo tennero fino al 1429, data in cui lo cedettero a Giorgio di Albano. Riguardo alla data di costruzione delle fortificazioni di San Damiano non si possiedono invece fonti documentarie certe, ma esse sono ancora ben visibili in due parti del piccolo paese. La costruzione posta nella parte occidentale, costituita da due torri quadrangolari inframmezzate da un tratto di muro, risale al XIV secolo (Ordano 1966; Conti 1977, p.143) ed è ritenuta dall'Ordano il resto di un ricetto difeso da una roggia che ne segue il perimetro (Ordano 1966). Tale tesi non è però accettata dal Conti, che riterrebbe assai strana la tipologia di tale opera difensiva (Conti 1977, p.143). Ad epoca posteriore risale invece la costruzione posta all'angolo nord est dell'abitato; la sua edificazione sarebbe infatti posteriore all'acquisto del territorio di San Damiano da parte del già menzionato Giorgio di Albano, che quindi in un periodo successivo al 1429 fece costruire la rocca quadrilatera difesa agli angoli da due torrette cilindriche. All'epoca del suo uso a residenza di campagna (XVII - XVIII secolo) si devono gli affreschi che si vedono nella parte esterna esposta a est. Attualmente il complesso è adibito a cascinale di proprietà dei Valperga di Masino e mantiene ancora ben visibili le strutture fortificate.

Comune di Santhià

Santhià [104]

Tipo: castello e abitato fortificato.

Localizzazione: castello nella zona est dell'abitato, in posizione non precisabile, e resti delle fortificazioni presso la chiesa parrocchiale.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1000 (Panero 1985, p.26).

L'antichità del luogo, già sede di pieve nel secolo X (Panero 1985, p. 20), è dimostrata anche dagli interessanti ritrovamenti archeologici d'epoca romana (Viale 1971, p. 63). Il Casalis afferma che a Santhià &laqno;non evvi e non vi fu mai un castello» (Casalis 1849, p. 868), ma la sua tesi è stata successivamente smentita. Infatti la prima notizia che il paese possedeva un castello è riscontrabile in un diploma dell'imperatore Ottone III, datato all'anno 1000 (Settia 1984, p. 317; Panero 1985, p. 26 ), con il quale egli concedeva particolari privilegi, in castrum Sanctae Agathae et in burgo eius, al vescovo di Vercelli Leone, al seguito delle insistenze di quest'ultimo (Nigra 1876, pp. 17-18). Con tale atto, unitamente a quello del 999, che già le assegnava totum comitatum quae dicunt Sanctae Agathae cum omnibus castellis et villis, la Chiesa vercellese poneva così la sua giurisdizione su Santhià e sui luoghi limitrofi. Il vescovo dovette però attendere il 1017 per divenire proprietario del borgo, perchè proprio nel castello si rinchiusero e resistettero i suoi nemici, anche dopo la morte di re Arduino (Avonto 1980, pp. 196 -197); doveva quindi il castello di Santhià già essere ben munito, per essere usato in tali importanti fatti d'arme. Nel castello, verso la metà del XIII secolo, prese temporanea dimora il vescovo di Vercelli Giacomo da Carnario, amico e confidente del cardinale Guala Bicchieri (Caligaris, p.14), con molti suoi partigiani, che qui si sentivano protetti nelle aspre lotte con il Comune di Vercelli, in un luogo posto sotto la loro giurisdizione. A due anni dalla morte del da Carnario, nel 1243, il Comune vercellese riusciva, promettendo di entrare nella lega anti imperiale, a impossessarsi, tramite acquisto mediato dal cardinale di Montelongo legato pontificio, di tutti i luoghi precedentemente posti sotto la giurisdizione della Chiesa di Vercelli, raggiungendo così uno scopo che si prefiggeva da anni. Il Comune occupò quindi il castello, che resistette alle forze di Pietro Bicchieri, incaricato dall'imperatore di devastare la zona per rappresaglia. Nel 1357 una lega anti viscontea cinse d'assedio anche Santhià, passata ai Visconti nel 1335, che però resistette egregiamente. Pochi anni dopo, nel 1373, Amedeo VI di Savoia, pare aiutato dagli stessi cittadini, si impossessò del paese (Avonto 1980, p.194), che gli fece dedizione il 19 febbraio 1373. Sottoposta alla dominazione sabauda Santhià venne trasformata in una piazzaforte di notevole importanza. Del castello nulla rimane e il luogo, denominato Borghetto, posto alla periferia est della città, dove doveva sorgere la fortificazione, è divenuto area di recente espansione urbana, tuttavia non si sono avute notizie di ritrovamenti durante gli scavi. Della cinta muraria che cingeva il borgo, citata ampiamente negli statuti del XIV secolo, sopravvivono invece alcuni tratti, posti nelle immediate vicinanze della chiesa parrocchiale e databili al XIII secolo (Ordano 1966), nei quali è ben visibile la merlatura a coda di rondine successivamente murata e alcuni tratti di muratura a lisca di pesce. La torre cilindrica, visibile in un cortile nella parte opposta dell'abitato e nota come "torre di Teodolinda", è invece l'avanzo di una casa signorile assegnabile ad un'epoca non anteriore al XV secolo (Ordano 1966; Conti 1977, p. 186), e quindi di nessuna attinenza con le fortificazioni del borgo.

Vettigné [105]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Santhià, frazione Vettigné, all'interno del nucleo abitato.

Superficie: 5000 mq.

Attestazione: XIV secolo (Ordano 1966 ; Aguzzi 1991, p.34).

Vettigné, territorio nominato per la prima volta in documenti dell'anno 823 (Panero 1985, p. 23) ha un castello posto all'interno di un piccolo nucleo di case; la sua costruzione è assegnata, almeno nelle parti piú antiche, al XIV secolo (Ordano 1966; Aguzzi 1991, p. 34) ed in particolar modo per quello che riguarderebbe il tratto di muro che occupa il lato interno orientale (Ordano 1966). Tale datazione potrebbe trovare conferma anche nella presenza, nel libro delle investiture del vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi, risalente alla metà del XIV secolo, di vassalli della chiesa residenti a Vettigné, in un feudo ben distinto da quello della comunità del luogo, che potrebbe quindi presupporre la presenza di una fortificazione (Aguzzi 1991, p. 20). Il resto dell'edificio risale invece al secolo XV e il Conti lo ritiene, per le soluzioni architettoniche impiegate, il tipico esempio di castello di pianura di quell'epoca, simile ad altri coevi edificati nel Vercellese (Conti 1977, p. 27). L'Ordano ritiene anche che la costruzione oggi visibile non sia che la rocca di quello che poteva essere un complesso piú esteso, come farebbe pensare un tratto di muro, peraltro di non facile collocazione temporale, che si diparte dalla torre dell'angolo sud occidentale (Ordano 1966). Non è da escludere, però, che l'attuale castello sia stato preceduto da un'altra fortificazione; infatti i Vialardi, ai quali si deve l'edificazione dell'attuale fortilizio, erano proprietari del luogo nel 1313, allorchè Arrigo VII bandì dal regno la famiglia degli Avogadro, proprietari di Vettigné almeno sin dal 1180 (Aguzzi 1991, p. 17), e con i quali i Vialardi condivisero il feudo dal 1201 (Conti 1977, p. 87). Inoltre pare che anche la famiglia dei Bondonni, attorno al 1224, possedesse alcune proprietà in Vettigné, grazie ad alcune compravendite effettuate da Guala de Bondonnis, vescovo di Vercelli. L'esistenza di un luogo di difesa guelfo non è quindi certo escludibile, tenendo conto dell'epoca di aspre lotte e dell'importanza politica delle famiglie comproprietarie del luogo. Il castello è costituito da una costruzione a pianta quadrangolare che racchiude un ampio cortile, con gli edifici superstiti che occupano la zona occidentale e l'angolo di nord est . Il primo è una massiccia rocchetta munita di una torre cilindrica e di una piccola torretta quadrata, posta a sporgere all'angolo sud ovest. Il secondo corpo di fabbrica è invece un torrione collocato all'angolo opposto,vicino all'ingresso. Entrambe le costruzioni presentano caditoie e merlature, successivamente sopraelevate allo scopo di ricavare delle finestre. I lati nord e sud che chiudono la costruzione sono invece occupati da edifici piú recenti, ed in particolare il secondo costituito dai ruderi dell'oratorio di San Giovenale, costruito nel 1745 (Ordano 1966). Il loro aspetto era però, ancora agli inizi del XVIII secolo, molto diverso, a giudicare dalle mura merlate che si possono vedere in un disegno dell'epoca. Sempre dalla stessa fonte iconografica si deduce anche come il castello avesse due ingressi: il principale posto, così come è tuttora, sul lato orientale, e fornito di ponte levatoio, peraltro anche citato in alcuni documenti (Aguzzi 1991, p. 35), ed un secondo accesso posto di fianco alla rocchetta, probabilmente anch'esso munito di ponte, come testimonierebbero le feritoie per l'alloggiamento dei bolzoni. Attualmente il castello è adibito a cascinale e le sue condizioni di conservazione sono alquanto trascurate.

 

 

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