Cavaglià e Castronovo: due castelli in pericolo

E' ora in provincia di Biella, ma strettamente legato alla storia del territorio dell'antico Vercellese. Il castello di Cavaglià ci si rivelò dall'alto in una magnifica foto aerea realizzata per l'Atlante dal Gruppo Archeologico Vercellese, lavoro che con il tempo, pur con le sue inevitabili manchevolezze, è tuttora insuperato ed utile alla ricerca storico-territoriale.

Non meno interessante, ma un poco più recente, è il non lontano sito del castello e borgo di Castronovo, in comune di Roppolo. Abbandonato dai suoi signori e da tutti gli abitanti per il mancato accordo con il borgofranco di Cavaglià negli anni della sua formazione e per il rifiuto di prestare giuramento al comune di Vercelli. Un piccolo gioiello che altri ci invidierebbero e che inesorabilmente si degrada e si trasforma.

 

Da "La Sesia" del 24 giugno 2005, p. 27

 

Superfluo ogni commento. Dobbiamo alla tempestività dell'intervento la salvezza di un sito di incomparabile interesse archeologico e confidiamo nella possibilità che esso venga convenientemente indagato e messo in valore nei prossimi anni.

 

Riportiamo di seguito le schede su Cavaglià e Castronovo dai volumi del nostro Atlante.

 

Dal volume:

"Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po. Atlante aerofotografico dell'architettura fortificata sopravvissuta e dei siti abbandonati"

pp. 168-171

II Basso Vercellese-Vercellese occidentale

Vercelli 1992

Cavaglià

Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Cavaglià, sul colle a nord del centro abitato.
Superficie: 5000 mq.
Attestazione: 1034 (Rondolino 1882, p. 267).

Cavaljaca o &laqno;Cavaglià vecchia» è citata per la prima volta in un documento di donazione di beni alla Chiesa di Vercelli del 961 (Panero 1985, p. 14). Il Bruzza riteneva che il toponimo derivasse da Caballiacum e dalla gente Caballia e ricordava come nel diploma di Corrado del 1039 fosse detto Curtem Cavalli e quindi Caballiaca nei documenti posteriori (Bruzza 1874, p. XC). In un successivo documento del 963 Ottone I investe il conte Aimone di Vercelli di vari luoghi, fra cui le corti di Alice e Cavaglià. Evidentemente tali luoghi, definiti curtes, avevano in quegli anni assunto una certa importanza (Avonto 1980, p. 201). La presenza di una fortificazione è attestata dal Rondolino, che probabilmente ebbe modo di consultare documenti rimasti fino ad oggi inediti. Infatti il castello di Cavaglià non è stato inserito in nessuno degli studi o degli elenchi recenti, pur mostrandosi con evidenza il sito. Il castello si ergeva sul colle detto Bricco o Chioso e la sua esistenza è provata da diversi documenti; nel piú antico, del 5 luglio 1034, un certo Umberto, conte del luogo, dona terre alla cella di S. Vincenzo con atto in castro Cabaliacae. Un altro documento attesta che Tebaldo, conte di Cavaglià, cedeva nel 1217 al conte Enrico un suo sedime &laqno;vicino al castello di Cavaglià». Un terreno viene detto fin dal 1251 retro castrum Cabaliacae e ancora attualmente &laqno;dietro castello» (Rondolino 1882, pp. 267-268). Sul finire del secolo XIX i ruderi del castello dovevano essere ancora visibili:La sua forma, quale ci è data dai ruderi, era irregolare seguendo la circonferenza della vetta del colle. Le mura avevano piú d'un metro di spessore e scendevano a mezzo il colle racchiudendo nel loro giro parecchie case l'una isolata dall'altra secondo l'uso del tempo. Havvi luogo a credere l'accesso al castello fosse situato a mezzanotte per il declivio che scende sulla strada di Santhià. Il circuito delle mura era di circa 200 metri e il diametro massimo di circa 70 (Rondolino 1882, p. 268). I signori del luogo, i conti di Cavaglià, che nel 1173 si dichiaravano vassalli del vescovo di Vercelli (Avonto 1980, p. 202), furono certamente coinvolti nel conflitto fra i Comuni di Vercelli e Ivrea, che durò dal 1221 al 1231, e parteggiarono probabilmente per Ivrea. Solo nel 1254 i conti di Cavaglià, non seguiti dal ramo di Castronovo, giurarono fedeltà al Comune di Vercelli e nel 1257 a Cavaglià veniva costituito il borgo franco, ricostruendo il paese nel sito attuale e munendolo di fossati. Restavano esterni al borgo il castello, il priorato di S. Vincenzo e la parrocchiale di S. Pietro (Rondolino 1882, p. 82).Non sappiamo per quanto tempo il castello rimase in funzione, ma dovette lentamente decadere insieme con le fortune della casata dei conti di Cavaglià. Nel secolo XV, alla dedizione del luogo ai Visconti e ai Savoia, la fortificazione non doveva già piú essere utilizzabile. Attualmente nessun rudere è piú visibile, ma la fotografia aerea mostra con evidenza la particolare conformazione del sito e suggerisce la presenza di una torre sul colle oltre la strada, sottolineando la validità della posizione rispetto alla plastica del terreno e al percorso stradale. La zona conserva un notevole interesse archeologico.

[g.s.-r.m.-f.s.-s.b.]

Dal volume:

"Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po. Atlante aerofotografico dell'architettura fortificata sopravvissuta e dei siti abbandonati"

pp. 29-34

III Biellese

Vercelli 1993

Castronovo

Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Roppolo, sul colle San Giacomo, presso la frazione Pioglio.
Superficie: 1000 mq. circa.
Attestazione: 1140 (Panero 1985, p. 14).

Il luogo di Castrum novum, citato per la prima volta in un documento del 1140 (Panero 1985, p. 14), ha origini di gran lunga anteriori al 1202, periodo in cui sarebbero da collocarsi, secondo il Rondolino (Rondolino 1882, p. 61), la costruzione del castello e la differenziazione dell'omonimo casato. Più probabilmente la suddivisione della famiglia dei conti di Cavaglià in vari rami, in seguito alle frequenti divisioni di beni fra i vari membri, attestata verso la metà del XII secolo per Roppolo e Alice (Avonto 1980, p. 412), sarebbe da far risalire ai primi decenni del secolo. Un Aimi de castronovo è già infatti presente in un documento del 1170 (ACV, I, CCXLV, p. 289) e la località compare nel 1140, nei documenti a noi pervenuti, con il proprio significativo toponimo. Solo più tardi, nel corso del XIII secolo, i conti di Castronovo saranno meglio identificabili come casata indipendente, anche per la loro ostilità al Comune vercellese. La loro diversificazione, conseguente alla costruzione di un proprio castello e all'assunzione del predicato, sarebbe quindi anteriore di qualche decennio al 1140 e tale fatto farebbe a ragione ritenere che l'origine degli altri castelli dei conti fosse ancora più antica. Ai primi decenni del XII secolo dovrebbero dunque risalire la fortificazione della località e la formazione dell'abitato adiacente, i cui resti sono attualmente assai meno visibili rispetto alla situazione che venne riscontrata dal Rondolino nella seconda metà dell'Ottocento. Non si può neppure dubitare di fronte ai molti documenti che nel territorio di Cavaglià esistesse un altro castello. Esso si chiamava Castronovo perché costrutto dopo il precedente sul finire del 1200 da un ramo dei Conti di Cavaglià, che s'intitolò quindi di Castronovo, ed al quale appartennero Pietro e Filippone [...]. Fu scelto per la sua costruzione il sito più forte e dilettevole del territorio, vale a dire la vetta di San Giacomo posta tra Cavaglià e Ropolo e atta a dominare tanto l'uno quanto l'altro paese, allora entrambi soggetti al dominio dei nostri Conti. Alla sua naturale fortezza furono aggiunte opere di difesa, di cui si scorgono le tracce. La vetta fu tagliata a picco tutt'intorno per un altezza di 15 metri, e alle falde di questa fu condotto un muro di cinta che servisse da primo riparo. Sulla spianata, poi, gli avanzi rivelano l'esistenza di un castello in forma quadrata racchiudente case isolate ed una piccola cappella. Tutto il quadrato non misurava che venti metri di lato; ma a ricevere tutti gli abitanti del castello servivano le case poste sul colle, presso alle mura di cui esistono i ruderi, e che formavano quasi un villaggio, ricordato nelle carte. (Rondolino 1882, pp. 268-269). Dopo la costituzione del borgo franco di Cavaglià da parte del Comune di Vercelli (1257), i conti di Castronovo, Giorgio, con i castelli di Meolio ed Erbario, e Pietro e il figlio Filippone, con il castello di Castronovo, non si sottomisero ed entrarono in conflitto con la comunità di Cavaglià e con Vercelli (Mandelli 1857, II, pp. 262-263). Solo nel 1266 furono sottoscritti atti di concordia che stabilirono i patti di pacifica convivenza fra i conti, la comunità ed i Vercellesi. I danni arrecati dal Comune vercellese ai conti ribelli e ai loro castelli dovettero essere ingenti, se furono esentati dal pagamento del fodro per dieci anni e se Vercelli si obbligò a pagare loro 1500 lire pavesi (Rondolino 1882, pp. 87-89). Di distruzioni e rovina sarebbero inoltre prova i capitoli dell'accordo, riguardanti rimborsi dovuti ai conti per pietre, tegole e legnami di loro proprietà in possesso di abitanti del borgo franco. Sul finire del XIII secolo molti dei conti di Cavaglià, costretti a coabitare in regime di uguaglianza con i propri antichi sudditi, abbandonarono le loro sedi, probabilmente con le famiglie ad essi fedeli, per stabilirsi in altri castelli di loro proprietà (Rondolino 1882, p. 92). Verosimilmente proprio in tale periodo inizia il progressivo abbandono del castello e dell'abitato di Castronovo. Il castello, la cui funzione militare venne a cessare, non è più menzionato. Il territorio di Castronovo, compreso ormai fra le pertinenze di Roppolo, verrà infeudato nel 1451 ai conti di Masino (Rondolino 1882, p. 269); &laqno;la sua rettoria aveva perduto ogni funzionalità parrocchiale e i beni della sua chiesa erano passati nel 1469 alle monache di S. Margherita di Vercelli» (Lebole 1992, p. 128). All'estremità settentrionale di un rilievo a forma allungata, sistemato a gradoni da terrazzamenti sorretti da forti muri a secco (il cui antico abbandono è sottolineato dai notevoli accumuli di terriccio formatisi ai bordi), sorge il colle di S. Giacomo, in posizione dominante e in vista del castello e abitato di Roppolo, da cui dista un 500 m in linea d'aria, del lago e di Cavaglià. Sulla cima del colle, che si eleva di una quindicina di metri dal sottostante villaggio, sono i resti del castello ed ancora ben visibili sono i tagli praticati al colle per renderne impervie le pendici. Colle S. Giacomo sembra, del resto, compreso nel sistema delle &laqno;chiuse» (Ramasco Giolitto Scarzella 1975, p. 18) ed è possibile che alcune preesistenze ne abbiano favorito la fortificazione. Non più visibile è il recinto esterno, un tempo contornante il piede dell'altura, il cui percorso è in alcuni punti segnato ancora solo da un accentuato vallo, evidenziato anche dalle aerofotografie (Scarzella 1981, p. 388). La superficie del pianoro, di circa 500 mq, era poi contornata da un muro, rilevabile solo a tratti a fior di terra, di pianta approssimativamente quadrilatera, costruito in scheggioni di pietra e frammenti di laterizi tenuti da una malta molto magra, degradata e spesso a stento visibile. Lungo il lato meridionale del recinto, verso l'abitato, di cui ancora si scorgono alcuni ruderi, era addossata una costruzione a pianta rettangolare, in parte ben rilevabile per un'altezza di 1,5 m, la cui muratura in pietra e malta ha uno spessore medio di 75 cm. Un piccolo tratto di muratura a spigolo, rilevato a poca distanza, dove fra i materiali di crollo si è rinvenuta una grande pietra lavorata e squadrata, farebbe credere che si articolasse in quell'area un avancorpo o una torre in connessione con un possibile ingresso al recinto. Gli Scarzella, nella loro ricostruzione dei resti, propendono per un ingresso a nord (Scarzella 1981, p. 389). Presso lo spigolo nord occidentale dell'area è tuttora riconoscibile il rudere di una cappella castrense, orientata e-o. Nominata negli elenchi delle chiese vercellesi del 1298 e del 1440 con il termine di capella castri novi, già nel 1440 l'importo della sua tassazione ne rivelerebbe l'incipiente decadenza (Lebole 1979, pp. 203-204). Di essa sopravvivono le murature dell'abside per l'altezza di circa 1 m, costruite in regolari filari di pietre alternati a file di laterizi legati da buona malta, e della facciata, priva di aperture, realizzata, nell'altezza superstite di 1,50 m, esclusivamente in regolari filari di pietre ben legate con malta. Un possibile accesso alla cappella potrebbe trovarsi lungo il lato meridionale, all'attaccatura dell'abside, dove una sporgenza nelle fondazioni fa presumere la presenza di un gradino. Un ambiente ipogeo, scavato al di sotto della navatella per una profondità di 3 m, era ricoperto da una volta a botte in pietra e laterizi, di cui si scorge l'imposta ormai in un solo punto, reso visibile dalla recente asportazione di parte del crollo che riempiva il vano, cui si è accompagnata la vandalica distruzione di parte delle murature per l'inutile ricerca di altri sotterranei. Tale sterro ha evidenziato anche il ben conservato intonaco rosa delle pareti, ora esposto al degrado. L'ipogeo, il cui accesso doveva essere costituito da una semplice botola collocata nel pavimento della chiesa, potrebbe avere avuto funzione cimiteriale. Alquanto anomala sarebbe stata, infatti, la presenza di una cisterna sotto il pavimento della cappella, come è stato ipotizzato (Scarzella 1981, p. 389). La differente tessitura delle murature, l'impiego puramente decorativo del laterizio nell'abside e l'accuratezza della costruzione, insieme alla qualità delle malte e degli intonaci, farebbero ritenere la cappella costruzione più recente rispetto alle rimanenti strutture del colle, collocabile forse agli inizi del XIII secolo. Sempre presso l'angolo n-o, a pochi metri dalla facciata della cappella, è infine un grosso accumulo di macerie dal quale spunta lo spigolo di una forte muratura, che farebbe supporre la presenza di un altro edificio prossimo al lato occidentale. Per il resto il colle appare coperto da vari informi accumuli, costituiti da materiali lapidei, con la sporadica presenza di laterizi in superficie. Il rilievo schematico delle strutture principali, operato speditivamente in sede di ricognizione, fa ritenere che l'area nel suo complesso (zona fortificata e abitato adiacente) possa conservare un notevole interesse archeologico e meriti una più approfondita analisi.

[ g. s.]